L’epicondilite, meglio conosciuta come gomito del tennista, è chiamata così perché le prime diagnosi sono state fatte in ambito sportivo.
In realtà l’epicondilite colpisce anche chi non ha mai toccato una racchetta da tennis, come imbianchini, cuochi, musicisti, baristi, impiegati e casalinghe.
Colpisce tutte le persone che eseguono con avambraccio e mano movimenti continui e ripetuti.
Nei tennisti è più frequente la comparsa nell’apprendimento del gesto tecnico perchè appunto i movimenti non sono ancora corretti, con un aumento di contrazione per fare un gesto che ne richiede decisamente meno.
Un altro fattore che contribuisce è l’inesperienza, ad esempio nella scelta della racchetta, del tipo e della tensione delle corde e addirittura nella scelta della grandezza del manico… esattamente come la scelta del pennello dell’imbianchino e della postura alla scrivania di un impiegato.
Secondariamente poi notiamo la comparsa dell’epicondilite da “logoramento”: dopo molti anni di attività ripetitiva si ha una progressiva degenerazione di quei tendini che permettono l’estensione delle dita.
I sintomi sono chiari: dolore al gomito intenso, zona gonfia e dolente e ogni sforzo diventa impossibile, persino rovesciare l’acqua nel bicchiere.
Il primo controllo consiste nel premere leggermente sulla parte esterna del gomito.
Se è epicondilite viene evocato dolore, ma questo non può bastare: è necessaria una diagnosi differenziale per scegliere il trattamento.
Semplificando ai casi più frequenti le ipotesi posso essere 5:
La valutazione clinica associata ad un’ecografia sono sufficienti per capire la causa del problema ed iniziare a risolverlo.
Nel primo caso, il più comune, sia ha un’infiammazioni inserzionale tenidinea dei muscoli estensori del polso e la prima cosa da fare è indossare un tutore che permette al tendine di ridurre la sua tensione inserzionale distribuendola su altri punti.
Oltre a questo, una volta individuato il movimento che ha scatenato l’epicondilite, va sospeso, per circa due settimane.
Non sarà sufficiente il riposo, sarà invece necessario un ciclo di Laser terapia e nel caso in cui ci sia ancora dolore sarà determinante fare le onde d’urto.
É inoltre necessario correggere i movimenti che hanno scatenato l’epicondilite, eventualmente modificando la postura o lo strumento di lavoro ed impostare e ripetere più volte al giorno esercizi per rinforzare i muscoli dell’avambraccio.
Da utilizzare con cautela le infiltrazioni di cortisone che sicuramente riducono i sintomi, ma alla lunga possono indebolire il tendine.
Valide invece le infiltrazioni di fattori di crescita o di acido ialuronico.
L’intervento chirurgico è riservato a pochissimi e selezionati casi, circa il 5%.
Dopo l’intervento tutore e fisioterapia.
Dottor Francesco Paperini – Direttore tecnico e responsabile scientifico Ego Vitality
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