Il trattamento osteopatico deve essere programmato in collaborazione con altre figure professionali in modo da offrire al paziente un protocollo completo sempre tenendo in considerazione il benessere del persona.
L’osteopata può avvalersi di tecniche articolatorie e muscolari per il recupero dei parametri di mobilità, di tecniche fasciali per liberare le tensioni a livello delle zone interessate e di tecniche di rilascio e sostegno del diaframma toracico in relazione con l’aumento della curva cifotica dorsale che si instaura.
Inoltre è possibile utilizzare tecniche di terapia cranio-sacrale al fine di eliminare le tensioni accumulate a livello fasciale e muscolare e attuare un lavoro su tutte le ossa craniche e indirettamente su organi interni al cranio, sul liquor cefalo-rachidiano e sul midollo spinale.
Queste tecniche ci permettono di ricercare l’omeostasi del corpo e dare benessere al paziente senza utilizzare tecniche invasive e dolorose, bensì lievi pressioni e movimenti che rispettano sempre a flessibilità articolare della zona interessata e le caratteristiche della patologia.
L’osteopatia si occupa in particolare dell’interrelazione esistente tra struttura anatomica e il modo in cui essa funziona e diviene per il malato di Parkinson una modalità terapeutica particolarmente indicata in presenza dei suoi numerosi disturbi a carico dell’apparato neuro-muscolo-scheletrico.
L’osteopatia, pertanto, ha il pregio di studiare l’individuo nel suo complesso e cercare l’origine della disfunzione avvalendosi di un approccio causale e non solo sintomatico, che può portare ad un intervento terapeutico anche in aree diverse dalla localizzazione del sintomo.
Il paziente che soffre della malattia di Parkinson sviluppa un’ipomobilità della colonna dorso-lombare e lombo-sacrale, che aggrava l’atteggiamento posturale in flessione e presenta un’aumentata trazione fasciale del diaframma sulle strutture contigue.
L’osteopatia può essere utilizzata nei malati di Parkinson con il fine di riarmonizzare la postura e normalizzare l’assetto muscolare, agendo sia direttamente sulla tensione miofasciale, causa principale del dolore, sia indirettamente sulle zone rachidee di maggior rigidità e compenso della postura in flessione .
Sono presenti in letteratura diversi studi riguardanti i risultati del trattamento osteopatico nel paziente affetto da Parkinson.
La riduzione del dolore è forse il criterio più comune per misurare i risultati ottenuti da vari approcci terapeutici volti alla risoluzione di problemi ad esso legati.
Il miglioramento del dolore muscolo-scheletrico è stato dimostrato, ad esempio, attraverso l’applicazione di un protocollo di tecniche osteopatiche in uno studio apposito: tale studio si è svolto presso l’istituto “P. Redaelli” di Milano, negli anni 2006-2007.
I soggetti affetti da malattia di Parkinson reclutati non presentavano deterioramento cognitivo e manifestavano i sintomi motori in un periodo dai 3 a i 10 anni.
È stato possibile perciò affermare che non solo lo studio effettuato ha avuto un riscontro positivo dal punto di vista umano e statistico, ma che è possibile inserire l’approccio osteopatico per la riduzione del dolore attraverso la riduzione della rigidità nel malato di Parkinson.
Il miglioramento cronologico dei pazienti riguardante il dolore muscolo-scheletrico, testimonia quanto l’assenza, o per lo meno la sensibile diminuzione del dolore muscolare, influenzi direttamente la reazione del corpo e della mente nella visione delle proprie capacità motorie.
I pazienti si sono sentiti più sicuri delle loro funzioni, hanno ricominciato ad avere un rapporto col proprio corpo che credevano di aver perso e, di conseguenza, la loro qualità di vita è sensibilmente migliorata.
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